Abbiamo una classe dirigente di sconsiderati, che rasenta la follia. Non solo la follia dell' egolatria del neomonarca, ma diffusa.
Dopo l'esperienza della flessibilità-precariato istituzionalizzata a metà degli anni '90, dopo l'introduzione in prova della detassazione degli straordinari (in un mondo che era in sovrapproduzione) ora ci si inventa il part-time di massa. Non la sola riduzione dell'orario di lavoro, ma proprio il part time che presto si tradurrà in job sharing con la distruzione degli investimenti (meno unità di lavoro, meno spazi di lavoro necessari, meno macchinari). Un mostro che sta tra il sabato fascista (introdotto nel 1935 per dedicare le forze del lavoro alla ginnastica, nel caso odierno alla Tivvu') e l'autosospensione di parte dello stipendio.
Il part-time fu teorizzato negli anni '80 soprattutto per assicurare alla produzione e ai servizi quelle quote di popolozione (soprattutto femminile) una entrata nel mondo economico. Non entrò praticamente mai a regime, se non parzialmente nella pubblica amministrazione e in quote dei servizi . Gli industriali lo osteggiarono sempre perché costava troppo e introduceva (pensiero loro) una scarsa fedeltà all'azienda e ulteriori rigidità. Era una cosa intelligente, ma in Italia buona parte del lavoro è un continuo straordinario in nero o non pagato e il part-time di fatto limitava queste opprtunità di intensificazione produttiva.
Di fronte a questa crisi del 2008 rispunta (su idea tedesca, dove già la settimana lavorativa è più corta della nostra, e la sovrapproduzione maggiore) l'idea di usare in via straordinaria il part-time, ma sulla base estesa di riduzione dell'orario di lavoro. Questo altro non è che un modo meno traumatico di far digerire la disoccupazione crescente e di spalmare le difficoltà ; teoricamente suddividere le difficoltà non è cattiva cosa, ma qui l'aria è quella di un senso unico.
In Italia la proposta trova ampi e garruli consensi , dalla moribonda Rifondazione dei transgender alla destra estrema populista, fino al sindacato ormai cadavere.
Ovviamente è un mezzo per limitare i costi economici delle aziende, della PA, del consenso politico. Non fa nulla per risolvere la crisi, semplicemente la allunga.
E' l'ennesimo tentativo per mantenere quei profitti stratosferici che hanno già causato in tutto il pianeta quel disastro che viviamo abbassando all'osso il costo del lavoro. In Italia una simile sciagurata misura, dopo anni che si predica che occorre lavorare di più, si tradurrà in una avvio dolce verso la disoccupazione di massa; gli investimenti si adegueranno alla nuova cifra scendendo precipitosamente e , come già per la flessibilità all'italiana, ogni nuovo posto di lavoro sarà dimezzato e i salari e gli stipendi pure.
La questione è molto semplice: la crisi rivela uno stato di sovrapproduzione mondiale in concomitanza di una accentuata propensione al consumo a debito; il debito ha trovato il suo tetto e le tasche sono vuote, consumano meno. I portafogli però sono grandemente ineguali, mai tanta disuguaglianza gira per l'occidente come ora e da 50 anni in qua , questo è un discreto esplosivo.
E la crisi di sovrapproduzione ha il suo limite proprio nella diseguale allocazione dei redditi e delle risorse.
Il paradigma monetario non è morto, ancora; i suoi sostenitori continuano ad usarlo svuotando dolcemente le tasche alle spalle altrui, proponendo un mezzo lavoro (e un mezzo stipendio) da qui ai prossimi almeno 10 anni con il medesimo modello di sviluppo. Mezzo lavoro è mezza scontentezza, quindi solo mezza incazzatura. Ma sempre disagio e fastidio restano. Si risparmierebbe così anche sulla cassa integrazione, toccando meno la tassazione.
Di investimenti e riconversioni ovviamente non si parla, perchè tutto questa idea di part time sarebbe una riforma a costo zero e i creativi preferiscono sposotare poste di bilancio piuttosto che mettere in movimento misure anticicliche reali per sostenere la domanda. Ergo si fa a metà, tra diseguali s'intende. Si allunga il brodo, si invita a berlo con le forchette , si finge che nulla accada e che i poveri iloti se ne staranno così lungamente beoti.
La media trilussiana sostiene che in Italia esista un risparmio a famiglia di circa 350 mila euro (8.500 miliardi aggregati dice Bankitalia). Quindi si può resistere, stiamo meglio come nessuno al mondo, verrebbe da dire.
Può essere che l'aggregato sia quello, ma è serissimamente in dubbioche la maggioranza delle famiglie arrivi anche solo a 10.000, visto che il 5 % della popolazione italiana non ha risorse per mettere pane e companatico a tavola.
E la minoranza ? La minoranza che possiede oltre i 350 K di sudati risparmi ?
I forconi intanto rispuntano, e non saranno certo usati per travasare il mare e bere il dolce brodino dei polli televisivi.
lunedì 22 dicembre 2008
L'Italia part-time, la nave dei folli
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